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INFORMAZIONIOKBiologico: giusto prezzo, tracciabilità e blockchain, le chiavi della competitività
«Produrre rispettando le regole ha un costo che deve essere riconosciuto». Se n’è parlato in occasione di Marca e Sana Up alla Fiera di Bologna.
«Del giusto prezzo dei prodotti biologici ne abbiamo parlato anche troppo, adesso è giunto il momento di passare dalle parole ai fatti» ha detto Maria Grazia Mammuccini, presidente di Federbio, in occasione del Sana Up, salone satellite di Marca by BolognaFiere.
Ma quando il prezzo è giusto? E' giusto il prezzo - secondo la definizione di Federbio - che spetta all'agricoltore/allevatore per un prodotto biologico coltivato/allevato in Italia nel pieno rispetto dei principi e delle norme di agricoltura/allevamento biologico stabilite dall'Ue affinché questo possa remunerare legalmente e correttamente tutti i fattori della produzione.
Una Cun per il bio
La soluzione a questo problema, ormai inderogabile, rappresenta uno dei punti centrali del programma triennale di FederBio. «Produrre rispettando i valori del territorio e del prodotto - ha ricordato la Mammuccini - costa di più e questa spesa deve essere giustamente remunerata. Solo una filiera trasparente, correttamente tracciata, può evidenziare questi costi che dovrebbero essere evidenziati attraverso una Cun (Commissione unica nazionale) appositamente realizzata».
«Per la realizzazione di questa Cun - sostiene Roberto Zanoni, presidente di Assobio - si dovrebbe lavorare con le organizzazioni professionali e assieme, e non contro, al mondo dell’agricoltura convenzionale, che soffre dello stesso problema».
Le linee tecniche di Federbio
Paolo Carnemolla, presidente di FederBio Servizi, braccio operativo di FederBio, ha precisato che il prodotto biologico non si caratterizza per l’assenza di residui (che comunque normalmente non sono presenti) ma per la garanzia di un processo di lavoro che comparta regole precise, ovviamente molto più stringenti di quelle dell’agricoltura convenzionale. Ecco che FederBio Servizi ha individuato le linee tecniche e i costi di produzione per pomodoro e frumento relativamente al Nord Italia (riportate nelle due diapositive che seguono).
Per il settore zootecnico vale il solito discorso. «Non si può produrre tutto e ovunque - afferma il professor Gabriele Canali della Cattolica di Piacenza. I costi nel biologico sono diversi (più alti) e comprendono la formazione professionale, l’adeguamento organizzativo, i costi strutturali e quelli logistici. Per fortuna la maggiore longevità delle bovine ci permette un parziale recupero delle spese».
Blockchain e trasparenza
La blockchain rappresenta lo strumento più moderno ed efficace per evidenziare in maniera trasparente i processi produttivi come ha spiegato Michela Zema del Csqa (società di certificazione).
«Anche il bio - ha detto Zema - in qualità di produzione regolamentata, può avere la sua blockchain a garanzia della sua immagina di qualità. Dopo aver lavorato nell’agricoltura convenzionale stiamo portando avanti un progetto pilota per il pilota per il biologico che andremo a presentare alla prossima edizione del Sana».
La nuova tecnologia, come ha spiegato Giampaolo Sara di Euranet, anche se non annullerà del tutto le verifiche fatte dall’uomo, permetterà di effettuare anche “virtual audit” direttamente in campo, per un controllo della qualità costante e continuo.
Lavoro agricolo di qualità
E che la qualità e lo sviluppo sostenibile sia un aspetto considerato strategico anche dalla grande distribuzione lo dimostra il fatto che a partire dal 1° gennaio 2021 a tutti i fornitori agricoli diretti della distribuzione sarà richiesta l’iscrizione alla “Rete del lavoro agricolo di qualità”.
Gli stessi partner della Marca del distributore (prodotti commercializzati all'interno dei punti vendita della Grande Distribuzione Organizzata) lungo la loro filiera di approvvigionamento, saranno chiamati a far sì che i propri fornitori siamo iscritti alla “Rete”
La notizia è stata data nel corso del convegno inaugurale di Marca centrato sul contributo della Marca del Distributore alla sfida dello sviluppo sostenibile del Paese.
La "Rete del lavoro agricolo di qualità" è un organismo, promosso dal Mipaaf e istituito all'Inps, che si concretizza in un elenco "certificato" di imprese agricole, in regola con le disposizioni in materia di lavoro (evitando in assoluto il caporalato), legislazione sociale, imposte sui redditi e valore aggiunto.
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